Ero in ritardo. Mi ero fermato un po'
di più a parlare con una ragazza del mio corso e non mi ero accorto di quanto
tempo fosse passato. Avevo poi cercato di sbrigarmi il più che potevo ma alla
fine il ritardo l'avevo fatto e sapevo che a casa c'era lei infuriata ad
aspettarmi.
Varcai la porta di casa in
reverenziale silenzio, intimorito da cosa potesse aspettarmi, ma con mia
sorpresa nell'ingresso non c'era nessuno ad aspettarmi. Tirai un respiro di sollievo,
ma sbagliavo a cantare vittoria troppo presto.
-Francesco sei rientrato? Vieni
qua in cucina- mi disse
Andai in cucina con aria del cane
bastonato. La mamma senza neppure guardarmi disse:" Ma è possibile che non hai
ancora imparato che quando sei in ritardo voglio che mi avvisi? "
"Scusa mamma, ma il telefono mi si
era scaricato..." la solita balla del telefono scarico.
E la Mamma alzando la voce: "Si,
ma mi prendi proprio per cretina??? Ancora con questa balla del telefono
scarico. Guarda Francesco, che se qui c'è un cretino quello sei tu, non sono
io. Chiedimi scusa e non inventare frottole".
"Scusami Mamma" risposi ad occhi
bassi.
"Ok, adesso dai una lavata al
pavimento che è tutto il giorno che ti preparo da mangiare e mi si sono
gonfiate le gambe. Forza e mettiti il grembiule e i sandali."
"Va bene Mamma".
La mamma si tolse il grembiulino
rosa e i sandali che indossava e me li porse.
Io, di corporatura sono piuttosto
minuto per cui riesco ad indossare quasi tutti gli indumenti della Mamma,
comprese le sue scarpe che sono di misura 39.
Indossato grembiule e sandaletti,
alla Mamma piacciono i tacchi alti e anche come sandali di casa gli piace
averle con un po' di tacco, niente di eccezionale ma quei 3 centimetri che
comunque la slanciano.
In compenso per me
indossare i suoi sandaletti risulta ancora complicato e spesso mi si storce il
piede.
Comunque feci come mi aveva detto
e cominciai a lavare il pavimento.
Finito di lavare il pavimento
senti la Mamma che mi chiamava dal soggiorno: "Francesco, hai finito?" "Si
Mamma."
"Forza, allora vieni qui che devo
dirti un paio di cose."
Lei era sul divano distesa vestita
con solo una maglietta nera: sapevo che mi sarebbe toccato pagare pegno per
quel ritardo, il lavaggio del pavimento era lavoro di tutti i giorni.
"Certo che il mio grembiule e i
miei sandaletti ti stanno proprio bene. Gira un po' su te stesso che ti guardo
bene!"
Obbediente mi girai. Quando mi
trattava così la odiavo però non riuscivo a non obbedirle. Era più forte di me, per quanto la odiassi
alla fine facevo sempre tutto quello che mi diceva. Oggi riuscì a stupirmi e
farmi incazzare allo stesso tempo dicendomi:" Francesco, oggi mi sono comperata
un vestitino nuovo, l'ho lasciato sul letto, vammelo a prendere con un paio di
calze, quelle con le righe a colori, e prendi anche un paio i sandaletti quelli
neri di vernice, che voglio fartelo vedere". Ma possibile che mi faceva fare
sempre il cameriere. Sentivo la rabbia che mi cominciava a montare dentro ma
non riuscii a dirle niente e andai in
camera sua a prendere quanto mi aveva chiesto.
Quando tornai in soggiorno,
chinandomi verso di lei che era stesa sul divano, gli porsi gli indumenti che
mi aveva chiesto e mi allontanai di qualche passo.
"Ma che fai Francesco, ti
allontani, hai paura?"
"No Mamma, scusa, eccomi" e mi
avvicinai all'altezza dei suoi piedi.
"Bravo tesoro, ora voglio vedere
se il mio vestito nuovo va bene anche a te, Provalo!"
Ma che cazzo, già mi obbligava ad
indossare il suo grembiule e i suoi sandaletti. Ora voleva pure che provassi il
suo vestito. Ma siamo scemi?
"Ma Mamma, perché....?" dissi
timidamente mentre la rabbia stava di nuovo montando dentro di me.
"Niente di speciale stupido,
voglio solo vedere se abbiamo le stesse misure. Mi farebbe molto piacere sapere
che hai le stesse misure della tua Mamma. Dai per favore, tesoro, fammi questo
piacere".
Quando voleva la Mamma sapeva
essere di una dolcezza nei miei confronti che mi faceva fare qualsiasi cosa mi
chiedesse. In realtà, la Mamma, o con le buone o con le cattive, riusciva
sempre a farmi fare quello che voleva.
Per incoraggiarmi aggiunse:" Dai,
comincia a spogliarti, fatti vedere nudo che è da almeno vent' anni che non ti
vedo nudo. " E avvicinandosi a me cominciò a slacciarmi il grembiule. "Faccio
da solo-dissi allontanandomi un po'- sono capace cosa credi"
"Ma lo so tesoro che sei capace-
disse accarezzandomi la testa- volevo solo incoraggiarti. Dai fai da solo."
Mi spogliai.
La Mamma:" Bhè, le mutande non le
togli?"
"MA MAMMA, CHE BISOGNO C'E'?"
risposi alzando un po' la voce.
"E' che voglio vederti come ti ho
fatto. Avrò ben diritto di vedere il mio bambino così come l'ho fatto, no?"
"Mamma, non sono più un bambino,
ho trentasei anni, potresti smetterla di chiamarmi il tuo bambino?" ero proprio
incazzato.
"Francesco, va bene, ti chiamerò
il mio ometto, contento? Però adesso fai come ti ho chiesto, coraggio!"
Di male in peggio, l'appellativo
mio ometto era ancora più ridicolo. Ottenuta questa vittoria di Pirro mi sfilai
le mutande.
Mamma mi guardo con attenzione. Mi
fece girare e rigirare e poi mi disse:" Bhè, non sei molto cambiato da quando
eri il mio bambino. Anche adesso che sei un ometto non hai un pelo e il pisello
sembra quello di un bambino. Che tesoro che sei! Sembra il pisello di un
bambino di dieci anni, in tutto questo tempo non ti è cresciuto di un
centimetro. Te lo sei mai misurato?"
"NO MAMMA, NON ME LO SONO MAI
MISURATO, CONTENTA?"
"Allora corri in cucina a prendere
il metro da sarta, dove l'hai messo l'ultima volta che mi hai riparato la
gonna, e portamelo qui, dai che te lo misuro."
"Ma tu sei matta Mamma, io me ne
vado." e mi voltai allontanandomi.
"FRANCESCO!" ora la sua voce aveva
perso tutta la dolcezza e era diventata imperiosa ed arrabbiata:" TORNA SUBITO
QUI!".
Come ho già cercato di spiegare
per quanto fossi arrabbiato con la Mamma, non riuscivo a disobbedirle. Era più
forte di me. Quando alzava la voce mi prendeva uno stato di ansia misto a paura
che mi aveva sempre impedito fino a quel momento di mandarla a fare in culo. Mi
fermai come di pietra sulla porta. La rabbia e l'odio per questa presa in giro
della misura del pisello mi spingevano ad uscire ma la sua voce dura e severa
mi avevano bloccato per l'ennesima volta.
"TORNA QUI E PORTA IL METRO DA
SARTA, CRETINO!". L'insulto aveva sempre l'effetto di mettermi ko.
Sentii la rabbia svanire come
sempre e con le spalle curve feci quello che mi chiedeva, o meglio, mi
ordinava.
Tornai con il metro e glielo
porsi.
Finalmente il sorriso era tornato
sulle sue labbra, prese il metro con delicatezza e con altrettanta delicatezza
mi prese il pisello e me lo misurò.
"Tre centimetri di lunghezza e tre
di circonferenza- disse sorridendo-come quando eri bambino, tesoro. Lo vedi che
sei ancora il mio bambino? -disse accarezzandomelo. In un attimo il pisello mi
si irrigidì.
"UHH, ti è diventato duro tesoro?
guarda guarda com'è cresciuto" Io ero completamente paralizzato, era bastato
che Mamma mi sfiorasse il pisello per farmelo irrigidire al massimo. "Fammi
vede- voglio proprio vedere quanto è cresciuto" e così dicendo me lo afferrò
con le sue mani dolci e me lo misurò. Il tocco delle sue mani era una cosa
inebriante, mi provocava un piacere immenso solo il suo sfioramento, aveva
delle mani dolcissime. "Bhè-disse-non è
cambiato molto, siamo passati a cinque centimetri di lunghezza e quattro di
diametro. Ma scusami, non è per farmi gli affari tuoi, ma con le ragazze come
va?"
"Bene Mamma, ma cosa c'entra
questo con le mie misure?"
"Bhe, cucciolo, sarei curiosa di
conoscere la tua fidanzata. Ma avete ma avuto rapporti sessuali?"
"Ma scusa Mamma, a te cosa
importa. Sei proprio ficcan....curiosa eh?"
"Ma no, tesoro, è che mi preoccupo
per te. Non ho mai conosciuto una donna che si accontenti di un pisello
piccolo. Comunque non voglio insistere, tornerò sull' argomento. Adesso indossa
i miei vestiti.
Ormai o mi sbrigavo a finire
questa sceneggiata o non mi avrebbe più lasciato in pace.
Infilai le calze, poi il vestitino
nero ed infine i sandaletti."
"
"Sei stupenda, ops, scusa, sei
stupendo Francesco, ti stanno a pennello, vieni ti porto allo specchio così lo potrai
constatare anche tu." Mamma si alzò, mi prese per un braccio a mi portò di
fronte allo specchi grande che avevamo in ingresso.
"Guardati tesoro, ti stanno a
pennello."
Guardarmi allo specchi mi lasciò di stucco. Mi aspettavo di vedere uno di
quei ridicoli travestiti che si vede lontano un chilometro che sono maschi ed
invece...sembravo proprio una ragazza, fianchi larghetti e vita snella, spalle strette,
i lineamenti del mio viso glabro, le game senza un pelo lunghe e affusolate.
Sembravo proprio una ragazza.
Anche i capelli
che ho sempre portato un po' lunghetti mi conferivano un aspetto sbarazzino.
"Allora, che te ne pare, "ometto
mio"" disse con un sorriso"Hai, ma vedo che hai il pisellino ancora duro. Come
mai?"
Effettivamente l'unica cosa che
stonava nell'immagine riflessa dallo specchi era una piccola ombra che si
notava all'altezza del mio inguine. Non so perché ma da quando Mamma mi aveva
sfiorato il pisello non mi si era più rilassato.
"Bhe, quell'ombra stona,
Francesco, devi fartelo scendere. Forza, cerca di calmarti che altrimenti non
riusciamo a vedere bene come ti stà il vestito."
Si, fammelo scendere, e come
dovevo fare, mi tirava come non mi aveva mai tirato. Non so se per la carezza
della Mamma o per l'immagine allo specchio che anche se mi provocava un
sentimento di ribellione indubbiamente trovavo bella.
"Dai forza, Francesco, fattelo
scendere!"
"Ma come faccio Mamma?"
Evidentemente si rese conto che
ero troppo eccitato per riuscire a farmelo scendere per cui mi disse:" Dai
vieni di la che ti aiuto io" mi prese di nuovo per il braccio e mi portò in
soggiorno.
SI sedette sul divano accavallando
le gambe, mi tirò su la gonna e mi disse accarezzandomi il pisellino:" Visto
che sono stata io a fartelo irrigidire sarò io ad aiutarti a fartelo
scendere.".
Cosa aveva in mente? Non dovetti
aspettare molto per saperlo.
"Non poi certo pensare che la tua
Mamma ti faccia una sega, però mi farebbe molto piacere che tu ti scaricassi
strofinandoti su una mia gamba. Forza, inginocchiati!"
Obbediente come sempre mi
inginocchiai e mi avvicinai alla sua gamba velata da calze. Cominciai a
strisciargli addosso mentre lei mi guardava sorridente. Che bella che è la mia
mamma, pensavo.
Lei mi accarezzava i capelli con tenerezza e mi guardava fisso
negli occhi. Io ero come ipnotizzato. La guardavo negli occhi, strofinavo come
un cane il mio cazzo sulla sua gamba e lei con un sorriso dolce e divertita mi
accarezzava i capelli.
Strofinavo, strofinavo,
strofinavo, sentivo il pisello che si arrossava e continuavo a strofinare con
gli occhi della Mamma sempre fissi dentro i miei.
Avrei voluto continuare a restare
così per tutta la sera ma poi purtroppo eiaculai, due gocce di sperma, ma
eiaculai sulla gamba della Mamma. Sentii la mano della Mamma che mi prendeva
per i capelli e mi faceva appoggiare la faccia sulla sua coscia continuando ad
accarezzarmi.
"Francesco, tesoro, adesso
dovresti fare tu qualche cosa per la tua Mamma, giusto?"
Con la testa ancora appoggiata
sulla coscia della mamma risposi un debole si.
"Bravo il mio ometto. Forza adesso
mettiti bene in ginocchi davanti a me."
Senza neanche la minima intenzione
di protestare mi inginocchiai davanti a lei che lentamente allargò le ginocchi.
"Guarda, tesoro, guarda pure tesoro, è la mia figa, è il posto da cui sei nato.
Forza, valle vicino." e con la mano sui capelli mi avvicino alla sua figa."La
vedi quanto è bella. Ti piace, cucciolo mio"
"Si Mamma, è bellissima".
"Bravo tesoro, allora dalle un
bacio"
Mi avvicinai e la baciai. Era
calda, dolce e profumata. Un altro bacio. E poi un altro. Un altro ancora.
Continuavo a baciarla con delicatezza, intorno, sulle labbra, sul clitoride che
era emerso con decisione grosso quasi come il mi pisello.
"Tira fuori la lingua Francesco,
fammi sentire che mi ami."
Cominciai a leccarla, sempre
delicatamente, sulle labbra umide, nella fessura centrale. Poi la mano di Mamma
mi attirò con decisione e la mia lingua penetrò
nella figa di Mamma che disse:" Tesoro, muovila bene, falla ruotare, e
cerca di entrare più a fondo che puoi."
Stavo facendo del mio meglio, ce
la stavo mettendo tutta. Ero in estasi, come potevo arrabbiarmi con la Mamma,
quello era il posto più bello dove stare, tra le gambe della Mamma e con la
lingua dentro la sua figa.
Sentivo la mamma godere. La mia
Mamma. Stavo facendo una cosa che la stava facendo contenta ed ero io il suo
bambino.
Sentivo la Mamma scossa da
movimenti di godimento che crescevano di intensità e di frequenza, e più
sentivo che aumentavano e più cercavo di fare meglio, di leccarla più
profondamente, più velocemente.
Quando ebbe l'orgasmo sentii che
si rilassava. Io non riuscivo a muovermi di li, adesso la leccavo molto
delicatamente e ogni tanto sentivo ancora un fremito della mamma. Dopo circa
venti minuti in quella posizione la mamma mi sollevo la testa e, guardandomi
fisso negli occhi, mi disse:" Cucciolo, vuoi bene alla tua Mamma?"
"Mamma,-risposi-ti adoro"
"Scemone, allora mi ami davvero?"
"Mamma, te l'ho detto, ti adoro.
Scusami per tutte le volte che ti rispondo male o non faccio bene quello che mi
chiedi. Io ti amo, te lo giuro, ti adoro".
"E mi amerai sempre? per tutta la
vita?"
"Si Mamma"
"E amerai me più di qualunque
altra donna?
"Si Mamma"
"Me lo giuri?"
"Te lo giuro, Mamma"
"Anche se ti dovessi sposare
amerai me più di tua moglie?"
"SI Mamma."
Col sorriso disteso e compiaciuto
mi rimise la faccia tra le sue gambe e premette nuovamente il mio viso sulla
sua figa.
"Adesso tesoro, per suggellare
questo giuramento che mi hai fatto, ti farò un dono. Apri bene la bocca, amore
mio"
Feci come mi chiedeva e dopo pochi
istanti senti la sua piscia entrarmi in bocca.
"Tesoro, ti regalo tutta la mia
piscia, bevila con amore, è la mia sorgente da cui potrai sempre bere e
dissetarti."
Mi spinsi ancora più forte verso
la sua figa e bevetti con avidità, il nettare della Mamma.
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